FELTRE ANNO ZERO. Pietre in dialogo fra uomini, ere e città

   Severo et Rufino coss.

   V k(alendas) Sept(embres),

   acceperunt coll(egia) fab(rorum) et c(entonariorum)

   ((denariorum)) quingenta milia, computata

5 usura anni uni(us) centensima u[n]a

   ((denariorum)) LX (milia), de qua usura per singulos an(nos)

   die V idu(s) Ian(uarias) natale ipsius ex usura s(upra) s(cripta)

   at memoriam Hos(tili) Flaminini refriger(are)

   se [de]debunt et IIIIvir(is) et sex princ(ipalibus)

10 et off(icialibus) pub(licis) spor(tularum) no(mine) aureos den(os) et sil(iquam)

   sing(ulam); neicnon et per ros(am) at memor(iam) eius

   refrigerar(e) deveb(unt). N̅(- – -) CCCLXII.

Traduzione

Sotto il consolato di Severo e Rufino, il 28 agosto, i collegi dei fabri e dei centonarii accettarono cinquecentomila denarii, calcolato un interesse annuo del dodici per cento, sessantamila denarii; ogni anno, il 9 gennaio, in occasione del suo compleanno, con il suddetto interesse offriranno un banchetto in memoria di Ostilio Flaminino e sportulae per i quattuorviri e i sei principales e gli officiales publici di dieci monete d’oro e una siliqua. Inoltre, dovranno banchettare in sua memoria anche in occasione della festa delle rose. Anno 362.

 

Progetto narrativo per una rappresentazione scenica

Il progetto intende far risaltare il portato eccezionale della datazione presente nell’epigrafe, facendo leva sulla differenza fra la datazione consolare, uguale per tutti, e le ere locali dei diversi centri della Venetia, mettendo in dialogo l’iscrizione feltrina ILS III 9420 con l’epigrafe patavina CIL V 2943.

Il gioco delle parti si fonda sull’incomprensione circa il momento da cui le due comunità iniziano a contare gli anni, Patavium dall’ottenimento della latinitas (89 a.C.), Feltria dall’acquisizione dello status di municipium (39 a.C.). Nella costruzione dello storytelling, data l’estrema narratività dell’iscrizione, si valorizzano la caratterizzazione del personaggio di Hostilius Flamininus e il portato filosofico, a tratti comico, del desiderio che questi espresse all’atto del testamento.

La storia può svilupparsi come racconto breve, sceneggiatura o podcast. Nel primo caso si darà maggior risalto all’ambientazione e alla dimensione psicologica dei due personaggi, nel secondo il centro dell’attenzione sarà posto sui dialoghi e dunque sul “botta e risposta” comico. La terza proposta narrativa, invece, è più articolata, poiché richiede l’inserimento della dimensione sonora (l’esterno, le musiche, il rumoreggiare della gente, ecc.).

 

Soggetto

Prologo

La scena si svolge all’esterno della schola, lato sud, in un’ipotetica veduta della piana feltrina e dei colli prospicienti. Hostilius Flamininus osserva malinconico il paesaggio davanti a sé. Laggiù, da qualche parte, nel buio, comincia la terra di Berua. Segue una descrizione del protagonista: si tratta di un uomo di mezza età, stempiato sulla fronte, pasciuto, ma alto e con le spalle larghe. È una figura carismatica, con gli occhi scuri e penetranti, abituato a stare al centro dell’attenzione e che incute agli interlocutori un rispetto quasi reverenziale.

Dalla sala alle sue spalle Flamininus sente il suono della lira e del sistro e le risate degli invitati. Il protagonista ha un déjà-vu: riflette su quante feste, banchetti, orge ha già vissuto e su come tutte, alla fine, si assomiglino, nonostante il passare degli anni.

Primo atto

            Flamininus entra nell’edificio e osserva la situazione: alcuni giovani amoreggiano in un angolo, su un giaciglio di rose, un conoscente ubriaco lo strattona, ovunque vede gente che beve, canta o giace distesa, con aria annoiata. Si rivolge alle statue di Esculapio e Anna Perenna poste all’ingresso della sala e, retoricamente, chiede loro: “È forse questo il senso della vita? Mettere al mondo persone mediocri e curarne le esistenze malate, la cui caducità è annegata nel vino e nella festa? Chi sono queste persone? Che senso ha il loro tempo tra i vivi?”

Con aria un po’ provocatoria, Flamininus ferma un convitato a caso e gli domanda chi sia. Il caso vuole che sia un imbucato, originario di Patavium: un giovane arguto, più basso di lui, ma dalla postura altrettanto decisa. Ha i capelli scuri e ricci, i tratti somatici molto definiti. Flamininus vuole cacciarlo, ma, quando il giovane patavino capisce di esser stato scoperto,  con una certa impudenza si rivolge al protagonista e gli chiede se non sia piuttosto lui a doversene andare, dato che sembra accigliato: dopotutto, quella è una festa. Flamininus, allora, condivide con lui i suoi dilemmi esistenziali e il giovane lo incalza con un discorso convincente sull’importanza di vivere nel presente e non crogiolarsi nella memoria del passato o nell’ansia del futuro che incombe e nel timore della morte. Godersi l’attimo è, a suo dire, l’unico modo per imbrogliare il flusso del tempo. Se Giove Pluvio lo desiderasse, potrebbe spazzare via un’intera città dalla faccia della terra, inclusa la sua memoria. Gioire del presente è l’unica via.

Flamininus esprime il proprio disappunto nei confronti degli imbucati, tantopiù se costoro si improvvisano filosofi, ma, complici un po’ l’ubriachezza, un po’ la malinconia, la teoria del giovane lo convince e decide di agire drasticamente. Fa interrompere la musica e grida a gran voce, richiamando tutti i convitati ad ascoltarlo. Fa anche chiamare i rappresentanti dei collegi professionali dei fabbri e dei centonari perché, dice, deve proclamare un annuncio. Quando sono tutti riuniti intorno a lui, ordina al giovane patavino di scrivere ciò che gli detterà. Il ragazzo si ribella, ma il protagonista gli dà uno schiaffo, costringendolo a ubbidire ai suoi ordini: non è certo un uomo a cui si possa dire di no!

Secondo atto

A questo punto segue la lettura del testamento, parafrasando l’epigrafe feltrina ILS III 9420, declamata ad alta voce da Flamininus, con brevi interruzioni di dialogo con lo scriba improvvisato. La gente non crede alle proprie orecchie: due feste all’anno, per sempre, pagate da lui! Si diffonde un brusio di approvazione, ma, giunti alla conclusione della dettatura, c’è un nuovo conflitto con il patavino. Flamininus, infatti, chiede che in calce al testamento sia segnalato l’anno corrente, il 362. Tuttavia, il ragazzo si oppone e gli dà del pazzo ubriaco: a suo parere è chiaro a tutti che si è nel 412! Il patavino rincara la dose, accusandolo di essersi bevuto la memoria degli ultimi cinquant’anni in banchetti, anche se, dice, questo significa che almeno si è goduto il presente.

Flamininus, lì per lì, rimane interdetto dalle sue accuse: tutti lo guardano intimoriti, pensando che stia per esplodere; in fin dei conti ha appena deciso di donare cinquecentomila denari per due banchetti all’anno, per sempre, e bisogna assecondarlo. Qualcuno dalla sala insulta il patavino per l’oltraggio e afferma che è uno stolto: lo sanno tutti, a Feltria, che è il 362! La situazione è tesa, il ragazzo si guarda intorno incredulo e incrocia lo sguardo serio di Flamininus. Il protagonista sorride brevemente al giovane, poi scola d’un fiato la coppa di vino che tiene in mano e, dopo aver fatto segno di riempirla nuovamente, alza la mano destra e ordina il silenzio nella sala.

“Ma voi, a Patavium, da quando iniziate a contare gli anni?”, gli chiede.

“Naturalmente, da quel gran giorno in cui ai nostri antenati fu concesso lo ius Latii, il diritto latino; perché, voi no?”

Un invitato, dalla sala, risponde: “Che sciocchezza è mai questa? Per noi, l’inizio, è quando siamo diventati un municipio romano!”

Epilogo

              Con un gesto perentorio, Flamininus riprende la parola e sentenzia che, in fondo, se quello sciocco zotico di pianura ritiene di essere in un anno diverso, è libero di crederlo, poiché una cosa giusta l’ha detta: sono tutti lì riuniti per festeggiare e celebrare la vita, non il tempo. Infatti, non conta se a Feltria sia il 362 o a Patavium il 412, ma che in quella data, in quella sera, è e sarà per sempre la festa di Hostilius Flamininus, per Ercole! Dopo aver pronunciato queste parole, alza la coppa al cielo e brinda a se stesso. Tutti gli astanti, incluso il patavino, lo imitano, fra applausi e canti di gioia.

 

* Questo progetto di storytelling epigrafico è stato elaborato da Costantino Ferrarese, Ruben Salerno, Alessandro Simonutti, Davide Trivellato e Cristina Vernier nell’ambito del Workshop “Epigrafia dall’Adriatico alle Dolomiti”, svoltosi a Feltre e dintorni dal 31 agosto al 4 settembre 2021 sotto la direzione di Lorenzo Calvelli, Alessandro Del Bianco e Franco Luciani. L’iniziativa è stata cofinanziata e patrocinata da: Comune di Feltre, Association Internationale d’Epigraphie Grecque et Latine, Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia, Terra Italia Onlus